Frane, alluvioni e dissesti: morti e danni enormi. Ma non vengono stanziate le risorse necessarie per mettere in sicurezza il territorio.

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4 marzo 2011

Giovanni Luppi, presidente di Legacoop Agroalimentare: «È la più urgente opera infrastrutturale del Paese». Teodoro Bolognini, responsabile Silvicoltura di Legacoop Agroalimentare: «Una grande sfida per l’agricoltura europea».

 Roma, 4 marzo 2011 - Alluvioni, frane, dissesti, morti, disperazione da parte dei malcapitati di turno che in poche ore si vedono sottrarre case, affetti, il frutto di sacrifici di una vita. Sempre più di frequente si leggono titoli a tutta pagina, reportage e speciali televisivi dedicati al rischio idrogeologico, che interessa quasi il 50% del territorio italiano, e della necessità di una politica di prevenzione. Va in scena l’ennesima ipocrisia tutta italiana perché, mentre sono tutti d’accordo su quest’esigenza non ci sono le risorse che servono affinché dalle parole si passi ai fatti. Grande risalto sui media per uno o due giorni, poi si volta pagina a parlare d’altro. Ipocrisia perché la questione del dissesto idrogeologico da troppi anni non è posta con l’attenzione che merita nell’agenda dei Governi e della politica tutta, in tempi ordinari e non solo all’indomani dell’emergenza di turno. «Infatti – sostiene Giovanni Luppi, presidente di Legacoop Agroalimentare – a fronte dei ripetuti fenomeni di dissesto è riduttivo parlare di sola prevenzione; noi poniamo con forza la grande questione della “gestione del territorio” da considerare, oggi, la più urgente opera infrastrutturale del Paese». Curare il territorio, fatto di boschi (10,5 milioni di ha), di suoli, di bacini idrografici, significa, peraltro, porre le basi del rilancio del Paese, del made in Italy, del turismo, della riconversione economica imposta dalla crisi; significa porre fine all’emergenza idrogeologica, consolidare e sviluppare occupazione, facendosi carico di assorbire parte dei licenziati o cassintegrati provenienti dalle fabbriche in crisi. La gestione del territorio deve diventare una priorità anche nelle politiche comunitarie del decennio in corso, in via di definizione proprio in questi mesi. «Infatti – continua Luppi – le Centrali cooperative sono per una nuova Pac (Politica agricola comunitaria) orientata a sostenere i comportamenti virtuosi degli agricoltori nella loro produzione di alimenti e di beni pubblici».

«È proprio la produzione di beni pubblici intesi come suoli, boschi, assetti idrogeologici, biodiversità, paesaggio – sostiene Teodoro Bolognini, responsabile Silvicoltura di Legacoop Agroalimentare – la grande sfida dell’agricoltura europea chiamata a declinare, in chiave nuova e con strumenti imprenditoriali moderni, quello che l’agricoltura ha garantito per millenni: cibo sano e equilibrio dei suoli». Per fare questo ci vorranno le risorse, tante, comunque cinque volte meno di quelle che i governi sono costretti a stanziare per intervenire a disastro avvenuto, perché, ormai è risaputo, 1 euro in prevenzione ne vale 5 in emergenza.




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