LA PESCA NON INQUINA, È UN SERVIZIO ECOSISTEMICO

Pesca e acquacoltura

 

Comunicato stampa

 

"LA PESCA NON INQUINA, È UN SERVIZIO ECOSISTEMICO"

  

La Presidenza dell'Alleanza Pesca, riunitasi oggi in seduta straordinaria, replica alle fake news che presentano la pesca a strascico "più inquinante del traffico aereo": l'approvvigionamento di cibo e' una priorità, svolta nel rispetto dei nostri mari

 

La pesca professionale italiana, dopo la manifestazione del 12 giugno – giornata nazionale di protesta indetta dall'Alleanza Pesca contro gli indirizzi recenti della Politica Comune - lancia il guanto di sfida a quanti hanno deciso di far chiudere le imprese della pesca UE in Mediterraneo con la progressiva riduzione dei giorni annui di attività in mare.

 

La riflessione parte dalla importanza economica e sociale di un settore che con circa 12.000 imbarcazioni e 30.000 addetti, a fronte dei quali nell'ultimo anno si e' assistito ad un andamento marcatamente decrescente con una perdita del 26% in termini di quantità e del 28% per i ricavi.

 

In sostanza, proseguendo il trend di riduzione chi potrà avere nel piatto l'orata, il dentice, la cernia, ma anche le acciughe dei nostri mari e a che prezzo? Per quale motivo stiamo rinunciando ad uno dei principali servizi ecosistemici dei nostri mari, ossia l'approvvigionamento di cibo?

La riflessione che il mondo della pesca professionale sta portando avanti parte dagli obiettivi della Politica Comune della Pesca dell'UE ossia sostenibilità, prodotti sani, occupazione, riduzione degli impatti, selettività.

 

Al contrario dei garriti di turno che urlano che la pesca a strascico inquina come il traffico aereo, citando a sproposito articoli scientifici che evidentemente non hanno letto, e che pertanto ne propongono l'abolizione, il che ci fa temere che il prossimo obiettivo sia la diminuzione dei voli, così dopo aver rinunciato a mangiare pesce nostrano dovremo anche rinunciare a spostarci velocemente in aereo.

 

Non si possono gestire sistemi complessi sulla base di azioni mirate ad una sola componente: no al riduzionismo fine a se stesso, sì alla visione olistica, basta vedere come lo studio realizzato da 26 biologi marini e pubblicato a marzo 2021 su Nature afferma che i risultati mostrano che la maggior parte delle nazioni costiere contiene aree prioritarie che possono contribuire in modo sostanziale al raggiungimento di questi tre obiettivi di protezione della biodiversità, fornitura di cibo e stoccaggio del carbonio. Uno sforzo coordinato a livello globale potrebbe essere quasi due volte più efficiente di una pianificazione di conservazione non coordinata a livello nazionale.

 

Ecco che la fornitura di cibo si trasforma nelle parole degli scienziati da una minaccia ad una priorità.

Riteniamo che un sostanziale aumento della protezione del mare potrebbe avere triplici benefici, proteggendo la biodiversità, aumentando la resa della pesca e assicurando gli stock di carbonio marino che sono a rischio dalle attività umane.

 

Solo un reale approccio ecosistemico può guidarci verso la sostenibilità, incentivare una visione ecosistemica del settore e' essenziale in quanto la pesca non e' la sola fruitrice della risorsa mare. Pesca sportiva, diportistica, traffico commerciale e turistico hanno un loro impatto, nel complesso anche maggiore di quello della pesca professionale.

 

Ecco che decliniamo le tre linee di azione che, se perseguite, potrebbero portare ad un aumento della sostenibilità:

energia; rifiuti; gestione a livello locale.

 

In merito all'energia e sulla base della considerazione che la flotta della pesca professionale presenta un'età media di circa 35 anni e che per altri comparti, dai treni al trasporto su gomme al parco autoveicoli, nell'ambito del PNRR e' stata prevista la sostituzione degli attuali veicoli con nuove motorizzazioni elettriche e poi ad idrogeno sarebbe importante dare alla pesca professionale la possibilità di sostituire le imbarcazioni.

La sostituzione delle imbarcazioni comporrebbe per lo scafo un miglioramento delle prestazioni idrodinamiche con riduzione dei consumi, per i motori un abbattimento dei consumi da carburanti fossili, per gli ausiliari di coperta un miglioramento della sicurezza a bordo e delle condizioni di lavoro.

 

Per quanto riguarda i rifiuti marini si tratta di oggetti costruiti ed adoperati quotidianamente dall'uomo e poi abbandonati o persi lungo la linea di costa ed in mare, compresi quei materiali che, dispersi sulla terra ferma, raggiungono il mare attraverso i fiumi, il vento, le acque di dilavamento e gli scarichi urbani.

 

È innegabile che anche le attività di pesca commerciale, la mitilicoltura e la piscicoltura contribuiscono alla produzione di rifiuti marini solidi quando gli attrezzi da pesca (lenze, reti, nasse, ecc.) vengono accidentalmente persi o volontariamente smaltiti in mare. Nel contempo va sottolineato come tale apporto risulta quantitativamente irrisorio in confronto alle altre fonti.

 

Il gruppo congiunto di esperti delle Nazioni Unite sugli aspetti scientifici dell'inquinamento marino (GESAMP) ha scoperto che le fonti terrestri rappresentano fino all'80% dell'inquinamento marino mondiale.

Risulta pertanto essenziale giungere alla approvazione della legge che permette ai pescatori di sbarcare i rifiuti raccolti in mare con una contemporanea infrastrutturazione dei porti pescherecci che permetta la raccolta e lo smaltimento degli stessi.

 

Le caratteristiche della pesca mediterranea ed italiana in particolare sono fortemente ancorate a secoli di storia, tradizione, cultura della pesca in mare che la rendono unica ed efficace, ma anche frammentata e con una gestione spesso di tipo artigianale.

 

Tale situazione si riflette sul valore economico della produzione che evidenzia una flessione negli anni maggiore delle catture, segnale evidente di un non positivo andamento della fase commerciale, testimoniato dal calo del prezzo medio.

 

L'andamento degli sbarchi e dei ricavi su base 2013 si mantiene sostanzialmente stabile fino al 2018, mentre nel corso del 2019 inizia il trend negativo che si accentua sensibilmente nel 2020. Tutto questo e' dovuto all'applicazione della normativa comunitaria, che ha determinato una consistente riduzione dei giorni di attività di pesca.

A tali considerazioni l'Alleanza delle Cooperative della pesca risponde proponendo di spostare i livelli di gestione della pesca in ambito locale mediante istituzioni di OP dove le barche più efficienti o più motivate possano utilizzare le giornate di quelle meno efficienti e meno motivate (vedi equipaggi anziani, eventi che impediscono l'attività come malattie, infortuni, danni alla barca o altro).

 

Risulta chiaro che lo strumento da utilizzare per una tale ristrutturazione del settore potrebbero essere i contratti di filiera che permetterebbero di razionalizzare l'intero settore con un miglioramento dei tre aspetti fondamentali, economico, sociale ed ambientale: pescare meglio, vendere bene, consumare sano.

 

Come si può vedere le soluzioni le abbiamo, il momento giusto per perseguirle e' questo, non perdiamo l'occasione come proposto strumentalmente da chi attacca un settore in crisi per rendersi green senza correre rischi.

 

L'Alleanza delle Cooperative Italiane – settore Pesca, che comprende FedAgriPesca di Confcooperative, Legacoop Agroalimentare Dipartimento Pesca e Agci Agrital Dipartimento Pesca, rappresenta oltre 1500 cooperative, più di 20.000 soci, oltre 1 miliardo di euro di fatturato e l'80% della base produttiva a livello nazionale. Oltre il 76% delle cooperative associate e' occupato nel settore pesca, più del 15%, invece lavora nell'acquacoltura, mentre il 3% e' attivo nella trasformazione e commercializzazione; poco più del 4% opera nel campo della ricerca.

In un settore a base prevalentemente cooperativa, l'Alleanza delle Cooperative italiane settore Pesca opera a fianco delle imprese di settore con una vasta serie di servizi specializzati e di assistenza qualificata e si pone quale interlocutore delle Istituzioni e della Pubblica Amministrazione per rappresentare al meglio le esigenze dei soci e delle cooperative e favorire quel percorso di rilancio della pesca italiana, atteso da tempo. Si tratta di un settore che necessita di una forte guida politica e di un'efficiente macchina amministrativa per coniugare sostenibilità ambientale e sostenibilità socio-economica ed interagire al meglio con la politica comunitaria e internazionale, che condiziona sempre di più l'attività quotidiana dei pescatori.

 

Roma, 22 luglio 2021




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